Ogni religione ha la pretesa di far incontrare l’uomo con Dio; gli esisti a volte sono sconcertanti. Dio ha scelto una via per venire incontro all’uomo, quella del cuore. Anche per l’uomo questa è la vita privilegiata. Molti secoli fa lo hanno affermato anche i profeti di Israele: l’unico modo di entrare in comunione con Dio è l’amore
Il libro della Genesi dice che, quando Dio creò l’essere umano, prese della polvere del suolo e vi mise il suo alito. È una immagine che va tradotta nel nostro linguaggio. Se, come garantisce l’espressione della Prima Lettera di Giovanni (4,8) «Dio è amore», allora l’alito che il Creatore ha messo in noi è una scintilla di quello che egli è, una scintilla di amore. Allora i dieci miliardi di esseri umani di oggi significano diecimiliardi di scintille d’amore. Un potenziale di amore assolutamente grande.
Uno dei più affascinanti libri della Bibbia, il Cantico dei Cantici, celebra ed esalta l’amore in quanto tale. È come se annunciasse che, dove c’è l’amore, Dio è in azione. Dopo le alternanze dell’amore, chiudendo il Cantico, l’innamorata invita l’amato ad andare sul monte dei profumi, dove desidera andare: «Fuggi, mio diletto, simile a gazzella / o ad un cerbiatto, / sopra i monti degli aromi!». L’amore, quando è autentico, non trattiene ma vuole che la persona amata realizzi i suoi sogni.
Senza l’amore la vita si spegne; senza l’amore sarebbe un inverno per tutti e per sempre. L’umanità oggi non implode perché l’amore la fa vivere: l’amore dell’uomo e della donna, dei genitori e dei figli, dei fratelli, degli amici; amore per la vita, per gli altri, per il creato … Ogni amore, se è vero, nasce e si alimenta dall’amore del Creatore, perché «Chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,7-8).
Se accettiamo di svegliare in noi la scintilla di amore che Dio vi ha posto, diventiamo promotori e servitori della vita. Dio gestisce la storia umana (dei singoli e delle collettività) attraverso questa energia. L’apostolo Paolo nel suo discorso all’areopago di Atene ha una bellissima espressione al riguardo «In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). Dio è l’oceano di amore in cui ci muoviamo.
Il “Giardino dell’Eden” più che un luogo geografico era una situazione di armonia nella quale l’amore era l’elemento equilibratore. Sappiamo però che, già all’inizio si è prodotto uno squilibrio che ha messo l’amore in conflitto con altre forze egemoni antagoniste come egoismo, indifferenza, arroganza, prepotenza, cupidigia. È una lotta senza quartiere.
Da quando l’umanità esiste, l’amore è, comunque, la forza che agisce attraverso le persone più sensibili come innamorati, sposi, genitori, figli, fratelli, amici, missionari, volontari, mistici. Dovunque l’amore si manifesta è Dio che è in azione.
“Va’ dove ti porta il cuore”
Questa espressione era il titolo di un libro di Susanna Tamaro che trovò un’accoglienza entusiasta, come se molti avessero finalmente individuato la strada da seguire. Dio è presente e guida l’umanità attraverso l’amore.
Ci sono persone che, consciamente o inconsciamente, sentono la spinta dell’amore e rendono presente l’azione di Dio attraverso le loro azioni. Appartengono a tutti i livelli sociali; non a particolari fasce di età o livelli culturali; non sono necessariamente legate a particolari tradizioni religiose … Per maggiore chiarezza diciamo che l’amore non nasce da spinte istintuali biologiche o psicologiche, ma da qualcosa che va oltre la persona stessa. Per spiegarmi meglio ricorro a storie reali, che ho incontrato nella realtà e che assomigliano a tante altre.
DIO ENTRA IN INCOGNITO
Un’adolescente ha rapporti difficilissimi con la madre. Tra loro il dialogo è impossibile. Nessun punto d’incontro. L’adolescente provoca la madre con scelte estreme: amicizie, avventure e rifiuto radicale dei principi religiosi di lei. Ha tutto l’aspetto di una partita irrimediabilmente perduta. Va avanti per anni con sofferenza da ambedue le parti. Dopo un percorso culturale impegnato e avventure di ogni tipo, la ragazza improvvisamente si innamora, entra nella sua vita una energia nuova. Un incidente stradale porta la ragazza a dedicarsi al compagno per lunghi periodi, con pazienza e amore. Poi vengono due figli a cui essa si dedica con amore e dedizione straordinarie. Il rapporto con la madre è cambiato profondamente, ma rimane il suo rifiuto della religione che la madre da sempre pratica. Non celebra il matrimonio, non battezza i figli e non impartisce loro nessuna nozione religiosa.
Questa ragazza non lo sa, ma con il suo amore sta rendendo presente Dio e collaborando con lui, anche se lo rifiuta intellettualmente.
Quando l’amore c’è ed è autentico, di fronte alle difficoltà cresce. Ho ascoltato storie di uomini e di donne innamorati che, dopo anni, difronte a difficoltà impreviste (malattie devastanti, tradimenti, ecc.) sono arrivati ad eroismi di amore. In realtà il loro amore era arrivato al vertice, si era purificato, nobilitato… era diventato specchio dell’amore di Dio, gratuito, disinteressato. Ecco due storie che ho conosciuto in questi ultimi tempi.
STORIE DI ALTISSIMO AMORE.
wIn un ospedale, era venuto di buon mattino un anziano per farsi levare i punti da una ferita. Il dottore di guardia lo assicurò che il chirurgo non avrebbe tardato. Dal momento, però, che tardava e l’anziano sembrava avesse urgenza per qualcosa, si dispose a farlo lui e gli chiese: “Ha qualche altro appuntamento in ospedale?”. “No, devo fare colazione con mia moglie”. “Magari sua moglie si preoccupa del ritardo?”. “No, mia moglie ha l’Alzheimer; non mi riconosce da tre anni”. “Eppure lei ogni giorno fa colazione con lei che non la riconosce?”. “Lei non sa più chi sono io, ma io so chi è lei per me”.
wUna vicenda che ho colto personalmente. Due anziani, ambedue con precaria salute. Lui vive la preoccupazione per lei che, ormai, non si ricorda nemmeno più di assumere le medicine e non ricorda più nulla. Mi confessò un giorno: “Spero di sopravviverle almeno il tempo per accompagnarla fino alla fine. Poi me ne andrò anch’io”.
L’amore, quando c’è ed è vero, non ha confini. Chi lo vive forse non ne è consapevole, ma è grande e celebra l’amore di Dio.
Un esempio per dire che Dio è ancora all’opera e forse come non mai. È l’esercizio dell’amore gratuito, più che la pratica religiosa, che ci assicura che Dio non ci ha abbandonati. L’autore della Terza Lettera di Giovanni scrive: «Chi ama suo fratello rimane nella luce e non c’è in lui occasione inciampo» (1Gv 2,10). È notissima la consegna che Gesù fa ai suoi, prima di chiudere la sua vicenda terrena: «Questo è il mio comandamento (la mia consegna): Che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv 15,12).
“Va dove ti porta il cuore”, non il nostro cuore, bensì quello di Dio, perché «Dio è amore» (1Gv 4,8). Finché ci sarà qualcuno sulla terra che ama, avremo la certezza che Dio non se n’è andato, perché in ogni manifestazione di amore, è lui che si rende visibile.
È importante che, a questo punto, chiariamo di che amore stiamo parlando. Non di un semplice sentimento: i sentimenti sono fragili, sono legati a fattori variabili. Parliamo di un amore che il Nuovo Testamento chiama con il termine greco agàpe. Dio non ama per avere un ritorno e non ama quelli che sono meritevoli di amore, ma rende meritevoli quelli che ama. Ha un nome preciso questo amore “dedizione disinteressata”. Se l’umanità non è ancora implosa (finita) è perché questo amore non è ancora scomparso, sopraffatto dall’odio, dall’egoismo.
“Io sono la via …”
Dove comincia “la strada del cuore”, come la si riconosce e come si possono seguirne le tracce? Dio non insegna l’amore: è amore.
Dio, quando propone qualcosa, non si limita a dare le “istruzioni per l’uso”, ma offre già una realizzazione visibile e abbordabile, il Figlio: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Lui è la realizzazione del sogno del Padre, è un vero uomo secondo il cuore di Dio … è la via su cui sono invitati a camminare tutti coloro che egli ha coinvolto “nell’adozione a figli”.
In lui la traduzione umana dell’amore di Dio si è fatta visibile, concreta. «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29) è la proposta che il Maestro ci ha offerto. Non ha cercato il proprio successo; ha amato senza aspettare il ritorno; non si è mai stancato di amare.
Quando per la prima volta aprì il dialogo con un uomo, Dio lo fece come fuoco che brucia e non consuma: «Mentre Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero … l’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava» (Es 3,1-2).
Nel Vangelo Gesù parla spesso del “fuoco della Geenna” che non è un fuoco distruttore e punitore, bensì un fuoco di amore e di purificazione; è il fuoco del suo messaggio. È il fuoco in cui Gesù battezza (immerge) per rinnovare coloro che lo accolgono. Egli stesso ha definito così la sua missione tra gli uomini: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Il cammino dell’amore è descritto in modo magistrale dall’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi (1 Cor 13,4-8): «L’amore (usa il termine agàpe, che è l’amore con cui ama) è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno».
Questo testo dell’apostolo ci offre l’identikit di Dio. Se noi siamo fatti “a sua immagine e somiglianza” questo è anche il nostro percorso. Solo attraverso questo percorso noi realizzeremo il sogno che Dio, creandoci, ha racchiuso in noi. Ciò che le parole di Paolo descrivono non ha nulla a che fare con l’amore commerciale, con quello semplicemente istintuale occasionale, con quello opportunistico e di comodo, che sono solo scimmiottature dell’amore e i cui effetti devastanti sono agli occhi di tutti. Dio ha aperto, per i suoi figli, una vera strada maestra per incontrarli, quella del cuore. L’icona di essa è il cuore trafitto di Cristo, con quello che ha rappresentato.
La strada del cuore …
Riprendiamo e analizziamo il passo della prima lettera ai Corinti (13,4 ss.), perché ci offre una descrizione attenta della strada sui cui Dio ci invita per arrivare a lui.
- l’amore «è paziente, è benevolo…». Non pretende soddisfazioni o rivalse; non cambia per i torti che subisce, ma ridona l’amicizia come nuova dopo ogni ferita. Quante divisioni in meno ci sarebbero. Quante amicizie naufragate, quanti rancori che corrodono la vita. Com’è bello, invece, se il sole riappare dopo la tempesta, se la vita riprende nuova nonostante le ferite. «Paziente e benevolo» sono le prime parole che Dio ha attribuito a sé nell’Esodo. Il Figlio, appeso ingiustamente al patibolo degli schiavi, ha risposto agli insulti e agli sputi con una preghiera: «Padre personali, non sanno quello che fanno!». La storia umana è rinata da questo gesto.
- l’amore «non invidia…». L’invidia è un sentimento che non porta alcun vantaggio a chi lo alimenta, ma vorrebbe solo privare altri di qualcosa che hanno. Difficile calcolare i danni che questo sentimento ha prodotto e produce ancora in chi lo ha e in chi lo subisce. Di fronte alla persona invidiosa si alzano le difese della diffidenza, mentre di fronte alla persona libera ci si sente a proprio agio.
- l’amore «non si vanta, non si gonfia…». La discrezione e l’umiltà sono sempre ospiti graditi: non ingombrano e non inquinano i legami di amicizia. L’amicizia e l’amore, se sono autentici, non hanno bisogno di pubblicità. La vanità, la millanteria creano disagi e imbarazzo nei rapporti. Chi si vanta fa sentire gli altri inferiori, mettendo in imbarazzo l’amicizia alla quale chiede l’applauso.
- l’amore «non si comporta in modo sconveniente…». Sconveniente è tutto ciò che non conviene in un rapporto umano: mancanza di stima, indifferenza, insincerità, doppiezza, mancanza di dialogo … Tutto questo spegne lentamente l’amore. È molto più grave di un occasionale tradimento. L’amore si alimenta di piccole cose, di attenzioni quotidiane. Anche l’amore di Dio lo riconosciamo da piccole cose quotidiane; se le cogliamo la nostra gratitudine nasce spontanea.
- l’amore «non cerca il proprio interesse…». Dio ci ha voluti senza nessun suo vantaggio, ma gratuitamente… ci ha voluti per noi stessi. Tutto quello che Dio ci dona è “grazia” (= gratis); non pretende nulla per sé. Il giorno in cui ha offerto al suo popolo il Decalogo (dieci parole di libertà), Dio l’ha messo in guardia con queste parole: «Io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso» (Es 20,5); non una gelosia a difesa di se stesso, bensì a difesa della libertà della sua creatura. Dio ha fatto l’uomo a propria immagine e somiglianza… lo voleva simile a sé.
- l’amore «non s’inasprisce…». La diversità tra le persone che si amano a volte è motivo di divisione, in realtà la diversità è una ricchezza per ambedue, perché l’amore assomma le differenze, non le azzera. L’amore è un’opportunità così grande che, per salvarla, l’apostolo aggiunge subito: «…soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa». L’amore ha un prezzo, a volte molto alto, ma che vale la pena pagare. Allora, non rassegnazione alla diversità, bensì gioia.
- l’amore «non verrà mai meno». Il sogno umano dell’immortalità trova qui la risposta. L’apostolo Paolo scrive che, quando saremo nel mondo di Dio, la fede non avrà più ragione d’essere perché vedremo le cose direttamente; anche la speranza non ci sarà più, perché avremo raggiunto il traguardo più altro; l’amore, invece, rimarrà per sempre perché saremo immersi in Dio che è amore.
“Tu per chi cammini?…”
Una sera, un rabbino uscì per una passeggiata. Ad un certo punto vide, davanti alla grande cancellata di una fabbrica, un uomo in divisa che camminava avanti e indietro a lunghe falcate. Incuriosito, il rabbino gli si avvicinò e gli chiese: “Per chi stai camminando?” (l’equivalente per dire: per chi lavori?”. Quel tizio gli disse il nome del proprietario e a sua volta chiese al rabbino: “E tu per chi cammini?”. Il rabbino non seppe rispondergli li per lì e, tornando verso casa continuò a ripetersi la domanda “Per chi cammini?”.
Ora la domanda ce la poniamo noi: “Per chi cammini? Quale strada percorri?”. È come chiedersi per che cosa vivi? Qual è il motivo fondamentale della tua esistenza? Ci si può limitare a sopravvivere, senza nessuno scopo particolare oppure si può vivere per il successo … per il benessere … per i figli e i nipoti … Uno scopo lo dobbiamo avere, ma è importante saperlo riconoscere e domandarci che cosa ci aspettiamo da quello che facciamo.
Ci sono genitori che hanno edificato una casa grande pensando di dare ai figli un appartamento in modo da mantenerli vicini per sempre; altri hanno accudito in nipoti per anni convinti che sarebbero stati il conforto della loro vecchiaia … qualcuno ha avviato un’attività con infiniti sacrifici e con ottimi risultati nella speranza di passarla ai figli o ai nipoti … molti hanno accantonato, risparmiato per lasciare ai figli il benessere a cui essi stessi avevano rinunciato…. Gli esiti di questi percorsi sono stati spesso molto lontani dalle attese e la conclusione, che ne è derivata, è di avere fatto sacrifici inutili.
Non è sbagliato quello che hanno fatto; può essere stata sbagliata l’attesa che ne avevano. L’amore va dato nel momento che ce n’è bisogno. L’amore con cui abbiamo percorso il nostro cammino, invece, rimane, perché l’amore ha origine in Dio e non finirà mai, come ha scritto l’apostolo Paolo. L’amore può dare senso a tutto; la mancanza di amore può svuotare del suo valore ogni realtà umana. Possiamo vedere come l’intelligenza senza amore ti renderebbe insensibile. / La giustizia senza amore ti renderebbe ipocrita. / Il successo senza amore ti renderebbe arrogante. / La ricchezza senza amore ti renderebbe avaro. / La docilità senza amore ti renderebbe servile.
La bellezza senza amore ti renderebbe superbo. / L’autorità senza amore ti renderebbe tiranno. / Il lavoro senza amore ti renderebbe schiavo. / La preghiera senza amore ti renderebbe arido. / La fede senza amore ti renderebbe fanatico./ La croce senza amore si convertirebbe in tortura. / La vita senza amore non avrebbe alcun senso. / Nella vita l’amore è tutto.
Infine, l’amore è la passarella dell’aldilà, perché anche lì, e soprattutto lì sarà al centro della festa. Su questo ci assicura l’apostolo Paolo con le sue stesse parole: «Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà, la conoscenza svanirà. […]La fede finirà, la speranza finirà, ciò che rimarrà è la carità, perché la più grande di tutte!» (1 Cor 13,1-13). Coloro che nella vita terrena non hanno imparato ad amare che cosa ci faranno in una festa al centro della quale ci sarà l’amore?
i “Salmi” – Sentieri dell’amore
Il Libro dei Salmi è il dialogo d’amore con Dio nella storia, è il rapporto vivo, vitale e vitalizzante con Dio che realizza l’alleanza con il suo popolo. Noi possiamo pregare, anche oggi, tutti i Salmi sotto questa ottica. Il Salterio è una preghiera giovane e viva, fino a quando ci saranno uomini viventi capaci di nutrirsi di essa. Se, malauguratamente, la Chiesa dovesse abbandonarli, essa diventerebbe immediatamente povera, si troverebbe irrimediabilmente invecchiata.
Quella dei Salmi è una storia che continua secondo una via che solo Dio conosce.
Sono molti i Salmi che parlano della via dell’amore percorsa da Dio per venire incontro all’uomo e percorsa da uomini per incontrare Dio. Ne scegliamo uno, il più famoso il Salmo 136, chiamato il Grande Hallel Israele ancora oggi lo legge in occasione della Pasqua e della festa delle Capanne.
Premessa necessaria. Per evitare equivoci è bene ricordare che Semiti non avevano l’idea, come noi, della permissione. Non tutte le cose che avvengono le vuole Dio; molte le permette e le guida ai suoi scopi.
Salmo 136 (il grande “hallel”)
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Dio degli dei, perché il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Signore dei signori, perché il suo amore è per sempre.
Lui solo ha compiuto grandi meraviglie, perché il suo amore è per sempre.
Ha creato i cieli con sapienza, perché il suo amore è per sempre.
Ha disteso la terra sulle acque, perché il suo amore è per sempre.
Ha fatto le grandi luci, perché il suo amore è per sempre.
Il sole, per governare il giorno, perché il suo amore è per sempre.
La luna e le stelle, per governare la notte, perché il suo amore è per sempre.
Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti, perché il suo amore è per sempre.
Da quella terra fece uscire Israele, perché il suo amore è per sempre.
Con mano potente e braccio teso, perché il suo amore è per sempre.
Divise il Mar Rosso in due parti, perché il suo amore è per sempre.
In mezzo fece passare Israele, perché il suo amore è per sempre.
Vi travolse il faraone e il suo esercito, perché il suo amore è per sempre.
Guidò il suo popolo nel deserto, perché il suo amore è per sempre.
Colpì grandi sovrani, perché il suo amore è per sempre.
Uccise sovrani potenti, perché il suo amore è per sempre.
Sicon, re degli Amorrei, perché il suo amore è per sempre.
Og, re di Basan, perché il suo amore è per sempre.
Diede in eredità la loro terra, perché il suo amore è per sempre.
In eredità a Israele suo servo, perché il suo amore è per sempre.
Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi, perché il suo amore è per sempre.
Ci ha liberati dai nostri avversari, perché il suo amore è per sempre.
Egli dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Dio del cielo, perché il suo amore è per sempre
Questo monumentale inno litanico faceva parte della liturgia pasquale ebraica. È un inno liturgico di lode e di ringraziamento: racconta, ringraziando e lodando, ciò che Jhwh ha fatto per l’uomo. Colpisce subito il ritornello che si ripete per ben 26 volte: Perché il suo amore è per sempre. È come la trama su cui si intreccia tutta la vicenda umana, alla quale l’amore di Dio dà senso.
In questo inno si professava la fede storica di Israele nei suoi punti fondamentali: creazione, esodo dall’Egitto, dono della terra promessa. “Questi tre temi sono espressi nel nostro Salmo in 22 distici (vv. 4-25) tanti quante sono le lettere dell’alfabeto, quasi a racchiudere in una sigla perfetta la lode al Dio Creatore e Salvatore”. “Il ritornello: in eterno è la sua misericordia esprime la provvidenza di Dio che non viene mai meno. Dio è sempre buono; non lo è ad intervalli” sono le parole di un padre della Chiesa (Giovanni Crisostomo).
- «Rendete grazie … Rendete grazie … Rendete grazie…». È l’apertura e la chiusura del “Grande Hillel”. Ringraziare Dio non è una pretesa che egli avanzi, bensì una cosa che fa bene a noi perché ci permette di godere ancora più profondamente dei doni che da lui riceviamo. Il motivo del ringraziamento è quello che si ripete in tutto l’inno: Perché il suo amore è per sempre.
- «Lui solo ha compiuto grandi meraviglie …». È la prima e più immediata ragione del ringraziamento. Il mondo creato non è un semplice scenario su cui si inserisce l’azione di Dio, ma è l’inizio stesso di quell’agire meraviglioso. Creando, Jhwh manifesta tutta la sua bontà e bellezza, si compromette con il creato che egli affida all’uomo. Si sente l’eco del libro della Genesi con la cadenza dei quei sette giorni che hanno dato l’inizio a tutto. Non si parla dell’uomo e della donna, ma li si sente presenti come destinatari a cui Dio affida la gestione dei suoi capolavori.
- «Ha fatto le grandi luci…». Il cielo è presentato con gli astri, signori del giorno e della notte: il sole, la luna e le stelle. La scienza ci presenta le stesse cose, in modo più dettagliato e concreto, ma non raggiunge la bellezza di questa lettura poetica. E quel ritornello è martellato per richiamarci che tutto è il risultato di un amore che non finirà mai.
- «Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti…». Comincia il racconto degli interventi salvifici di Dio nel creato. Per questo versetto e per altri che seguiranno dobbiamo ricordare che la lingua ebraica non ha ancora il concetto di “permissione”, ma ogni cosa che accade è causata. Noi dovremo ricorrere ad una tradizione più vicina al nostro linguaggio e più coerente con il concetto di un Dio che è per la vita e non per la morte. Dovremo sempre tradurre: “Jhwh permise che…”. Il ritornello «Perché il suo amore è per sempre» ci richiede questo aggiustamento linguistico, che include. anche i primogeniti d’Egitto. Quel «Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi» ci ricorda un passo famoso dell’Esodo: «ho visto la sofferenza del mio popolo e sono sceso …». Jhwh è il Dio che viene incontro anche se non è chiamato; viene per amore.
- «Ci ha liberati dai nostri avversari …». Un detto dei rabbini afferma cheJhwh ha fatto meno fatica a far uscire Israele dall’Egitto di quanta ne ha fatta per far uscire l’Egitto dalla testa del suo popolo. È bene ricordare che, quando nella Bibbia si parla di avversari e di nemici, allude non solo a delle persone ostili, ma ci fa pensare a forze ostili che sono presenti in noi stessi (“i nemici dell’uomo sono quelli che abitano dentro di lui”), che sono anche più difficili da domare di quelli che sono fuori di noi. Anche da questi Dio ci libera «Con mano potente e braccio teso». Il primo intervento di Gesù su di un uomo che pure praticava la religione, ma era posseduto da spiriti impuri, lo racconta il Vangelo secondo Marco (1, 21-28). I nemici di quell’uomo erano dentro di lui: cupidigia, gelosia, rancore, invidia… «Lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui» così è definita l’azione potente di Gesù su quel povero uomo dominato … da nemici spietati.
- «Divise il Mar Rosso in due parti…». Israele rilegge la storia della sua liberazione legata ad eventi storici: la piaga dei primogeniti, l’uscita dall’Egitto, il passaggio del Mar Rosso, il cammino nel deserto fino all’entrata nella terra promessa… In una storia d’amore, solo chi ne è coinvolto è in grado di rileggere tutti gli eventi in funzione del percorso del cuore. Israele ha rivissuto nel ricordo e nella preghiera, dopo secoli, gli inizi della sua storia.
- «Guidò il suo popolo nel deserto». il Salmo fa riferimento al cammino del deserto ricordando con una frase brevissima il lungo peregrinare di Israele verso la terra promessa: Poche parole per raccontare un’esperienza di quarant’anni, un tempo decisivo per Israele. Il popolo, lasciandosi guidare da Jhwh, impara a vivere di fede, nell’obbedienza e nella docilità alla legge di Dio. «Perché il suo amore è per sempre» ricorda a noi che, in ogni esperienza che facciamo, il Signore è all’opera per farci fare qualche passo verso di lui.
- «Diede in eredità la loro terra…». Il territorio sottratto alle potenze del male ora diventa il territorio della libertà e della festa. Quel territorio è dato in eredità. L’eredità spetta ai figli per diritto. Finisce così il vagabondaggio sotto le tende, in una vita segnata dalla precarietà; inizia il tempo felice della stabilità, della gioia di costruire le case, di piantare le vigne, di vivere nella sicurezza.
- «Rendete grazie al Dio del cielo, /perché il suo amore è per sempre». Le parole di chiusura sono per ricordarci che la storia ricomincia sempre sulla stabilità dell’amore di Dio per i suoi figli. La terra di schiavitù, che è dentro di noi ha le ore contate. Dio non torna sui suoi passi.
Il libro dell’Apocalisse, l’ultimo libro della nostra Bibbia, racconta lo scontro tra il bene e il male, che si conclude con la vittoria dell’Agnello immolato e risorto e con l’inizio del mondo nuovo che Dio ha pensato per i suoi figli e al quale, da sempre, sta lavorando. Riportiamo qui un passo tolto dall’ultimo capitolo di questo libro che parla della “Nuova Gerusalemme”, cioè la città che Dio ha sognato per l’uomo:
«Non ci sarà più maledizione.
Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello; i suoi servi lo adoreranno,
vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte.
Non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli» (Ap 22,3-5).