In principio la fedeltà

La mancanza di fedeltà, non solo nella copia ma nella vita di ogni giorno, sta rendendo difficili i rapporti tra le persone.

La nostra vita collettiva si regge sul principio della fedeltà. Gli uomini primitivi hanno preso coscienza che una “fedeltà”, quella del creato, reggeva la loro vita, infatti il sole rinasce puntuale dopo ogni notte, la primavera ritorna sempre dopo l’inverno, la pioggia fa rinascere la natura dopo le siccità … Su questa fedeltà l’uomo ha cominciato a organizzare la sua vita. Le eccezioni alla regola (alluvioni fuori stagione, gelate improvvise, terremoti, pestilenze …) mettono non poco in difficoltà, ma hanno la loro funzione che, alla fine, confermano la fedeltà del creato.

Gli uomini primitivi hanno anche capito quasi subito che a monte di questa “fedeltà” c’era Qualcuno che ne teneva la regia. La fedeltà della natura era fondata sulle divinità, che presiedevamo ai fenomeni della natura, per questo cominciarono ad offrire loro sacrifici per propiziarsene la fedeltà (il succedersi delle stagioni, la fecondità delle greggi, il ritorno dei frutti della terra, ecc.). Avevano intuito che la “fedeltà” garantiva la continuità della vita.

La fedeltà o le fedeltà?

Quando si parla di fedeltà il pensiero corre subito alla fedeltà dei coniugi. Certo è uno degli indici più significativi, ma non l’unico. La fedeltà sta alla base della vita umana come le fondamenta stanno ad un edificio: non si vedono ma senza di esse l’edificio crolla. Ogni fedeltà ha delle radici molto profonde.

È curioso che la lingua della Bibbia abbia uno stesso termine per dire fedeltà e verità, il che significa che una persona è vera se è fedele e viceversa. Questa è la radice su cui dobbiamo costruire la nostra fedeltà. In ultima analisi è Dio il fondamento di ogni verità e di ogni fedeltà. Dio è fedele a se stesso e alle sue creature perché è verità. Il grande pastore luterano Dietrich Bonhoeffer si esprimeva con queste parole: “Dio non realizza tutti i nostri desideri, ma tutte le sue promesse”.Lo psicologo tedesco Erich Fromm affermava: “Solo chi ha fede in se stesso può essere fedele agli altri” e sono sempre parole sue: “La fedeltà si compra con la fedeltà”.

La fedeltà da noi oggi non dorme sonni tranquilli: le statistiche dicono che su cento coppie di coniugi che si sono giurati “fedeltà eterna” il quarantacinque per cento ha già sciolto, di comune accordo, il proprio impegno dopo meno di sei anni. Il continuo aumentare del costo delle marche da bollo sui contratti rappresenta una smentita alla tenuta degli impegni contrattuali, che una volta si sigillavano con una semplice stretta di mano.

“Fedeltà” deriva evidentemente da fede e la fede è, per definizione, un abbandono senza garanzie alla volontà di un altro. Parenti stretti della fedeltà sono, oltre la fede, la lealtà, la coscienziosità, la devozione, la deferenza, l’attaccamento, la dedizione, l’affidabilità… Suoi nemici sono, invece, infedeltà, tradimento, inaffidabilità, slealtà, diserzione, abbandono … Come la fede anche la fedeltà vive, oggi, una situazione di crisi.

“fedeltà vo’ cercando, ch’è sì cara …”

Ho preso lo spunto da un passo della Divina Commedia, che in realtà parlava di libertà, perché libertà e fedeltà le sento tanto vicine.

Nella nostra vita sociale noi facciamo leva su un’infinità di “fedeltà”: che l’autobus e il treno arrivino puntuali, che il negoziante non ci venda merce scadente, che il medico sia coscienzioso nella sua diagnosi, che l’idraulico e l’elettricista siano recuperabili e facciano delle cose che funzionino, che il meccanico non faccia solo finta di aggiustarci l’auto … che … che … che …

La nostra vita è iniziata all’insegna della fedeltà: le cure e le premure materne, la presenza rassicurante del padre, il legame affettivo con i fratelli e i parenti. Il cibo pronto al momento opportuno, le cure nel momento di difficoltà, il sostegno nel momento della crisi… rappresentano un punto fermo nella crescita del soggetto. Quando la fedeltà da qualche parte cede, nascono disfunzioni e disagi, che verranno pagati in seguito con comportamenti nevrotici quando non psicotici.

Certo, non tutte le fedeltà vanno poste sullo stesso piano: ci sono fedeltà fondamentali e fedeltà utili. Un conto quella del nostro negoziante, un conto quella del medico, un conto quella dell’amico, un conto quella del genitore o del coniuge. Su queste prime facciamo affidamento per una vita tranquilla, delle seconde abbiamo una necessità irrinunciabile. Una fedeltà tradita lascia uno stato di insicurezza, un vuoto proporzionale all’aspettativa che avevamo.

La fedeltà di Dio fonda le altre

Il Salmo 146 recita a proposito di Dio: «Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati…libera i prigionieri… ridona la vista ai ciechi… rialza chi è caduto… ama i giusti… protegge lo straniero… egli sostiene l’orfano e la vedova…». Dio è fedele al progetto stabilito per le sue creature. Le ha create “a sua immagine e somiglianza” e si è compiaciuto di quanto aveva fatto in loro. Egli rimane fedele ad esse anche quando esse non lo sono a lui. La sua è la prima fedeltà, quella su cui tutte le altre si fondano. Se venisse meno questa fedeltà sarebbe sconvolto tutto il creato. Nella sua seconda lettera al discepolo Timoteo (2,13) l’apostolo Paolo fa un’affermazione bellissima: «Se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso». Una fedeltà, la sua, incondizionata: non dipende da altro che dalla sua libera scelta.

Gli antichi offrivano sacrifici alla divinità per impetrare che il sole continuasse a sorgere per segnare i ritmi del giorno e la luna con le sue fasi regolasse le notti, che le piogge scendessero a fecondare la terra, che le stagioni tornassero puntuali perché la terra e gli esseri viventi avessero i loro ritmi. Noi non abbiamo bisogno di offrire sacrifici: sappiamo che Dio è fedele al creato e che il creato è fedele all’uomo …

Essere fedeli ai propri impegni, alla parola data, ai legami concordati… ci colloca in questo filone della fedeltà di Dio. Anzi, sono le piccole fedeltà della vita quotidiana che ci fanno toccare con mano la fedeltà che regge tutto il creato.

è morta la fedeltà?

Noi tutti siamo anche testimoni di un crescente disagio, persino nelle persone solitamente tranquille. Intolleranza, insoddisfazione, irrequietezza… Si tratta ormai di un vero e proprio problema sociale. Si dà la colpa ai ritmi eccessivi di lavoro, alla mancanza di spazi di relax, e in gran parte è vero. Si sono fatte diagnosi, suggerite delle terapie che vanno dall’esercizio fisico allo joga, alla meditazione, alla preghiera.

«Panta rei os potamòs» (tutto scorre come un fiume). Così si esprimeva Eraclito, filosofo greco vissuto tra il 5° e il 4° secolo a. C., e intendeva che nella vita tutto cambia continuamente.  Se certi cambiamenti un paio di secoli fa richiedevano cinquant’anni, adesso avvengono nel giro di qualche anno. Il cambiamento, specie nel mondo occidentale, non è più un fatto occasionale, ma la regola. Niente ha più lunga vita, anche le cose più stabili sono diventate “usa e getta”.

Il sociologo polacco Zygmut Bauman ha definito la nostra attuale società “società dell’incertezza” o Vita liquida come ha intitolato il suo libro sull’argomento. La filosofia del consumo e del cambiamento ha soppiantato la logica del “logoramento”. All’idea di utilizzare le cose fino al consumo (un abito, un’auto, un lavoro, un’amicizia, un’ideologia politica …) si è sostituita l’idea del “cambiamento”: cambiare continuamente e non perché la cosa non sia più utilizzabile, ma perché è stata superata da novità o semplicemente perché possiamo cambiare, passare ad altro.

La sicurezza non viene più, come un tempo dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, da una casa di proprietà, da una famiglia stabile, da rapporti sentimentali e affettivi duraturi… bensì dalla consapevolezza di avere la possibilità in ogni caso di poter cambiare. Così l’espressione per sempre non è più di casa nelle scelte dell’uomo di oggi, nelle sue relazioni; è sostituita da finché ci va bene.

Perfino le scelte di vita che un tempo erano ritenute irrevocabili perché legate a principi religiosi (matrimonio sacramento, sacerdozio, vita religiosa consacrata) sembrano in una deriva che non si ferma più, al punto che da più parti si comincia persino a ipotizzare la possibilità di questi impegni ad tempus.

Tutto questo ha messo in difficoltà serie l’idea di fedeltà/stabilità che avevamo. Non si può tuttavia liquidare il valore della fedeltà senza riflettere seriamente su che cosa della vicenda umana questo cambiamento manda in crisi. Sarebbe una scelta facilona, di comodo e non terrebbe conto che valori di stabilità sono tuttora vissuti e apprezzati da molti.

A questo punto la valanga delle carte bollate non è più in grado di frenare questa lenta ma inarrestabile caduta di affidabilità. Non è difficile vedere che una delle costanti di questo attuale disagio sia la perdita di sicurezza. Nessuno si fida più di nessuno. Non ci si sente più ancorati a qualcosa di stabile. Si ha la sensazione di essere soli e che i nostri punti di riferimento abituali siano scomparsi. Quanto gioca in questo l’infedeltà? Quando ci sentiamo delusi da coloro che ci dovevano garantire sicurezza (genitori, amici, partner…), quando abbiamo la sensazione che anche coloro che dovevano essere un punto di riferimento per noi (l’amministratore pubblico, il medico, il sacerdote, il sindacalista, il collega di lavoro…) non sono più “fedeli” finiamo per sentirci come barche senza ormeggi. E la fedeltà delusa finisce per produrre nuova infedeltà, come per contagio, in coloro che ne sono coinvolti.

Non ci si sente più motivati a mantenere impegni, ma solo a dare l’impressione di mantenerli, a fare i furbi. Così si diventa infedeli anche a se stessi, ai propri progetti, ai propri impegni.

La cosa non deve essere tanto nuova se oltre duemilacinquecento anni fa l’autore del Salmo 12 scriveva: «Salvami, Signore! Non c’è più un uomo fedele; è scomparsa la fedeltà tra i figli dell’uomo». Allora ci chiediamo: è in crisi la fedeltà o è in crisi l’uomo? L’uomo è uscito dall’equilibrio in cui Dio lo aveva pensato, e non basteranno delle regole esterne, delle leggi, per riportarlo nell’armonia che Dio aveva progettato per lui, creandolo.

WANTED: L’ASSASSINO DELLA FEDELTÀ

da tempo le cose in paese non andavano bene. Nessuno si fidava più di nessuno, nemmeno dei fratelli, delle sorelle, degli amici e persino dei genitori. Ognuno sospettava degli altri. nessuno si arrischiava più a fare progetti di una certa durata. si viveva alla giornata, senza entusiasmo. Non nascevano più bambini e da fuori nessuno si arrischiava più a prendere il domicilio in paese.

Si fecero lunghi dibattiti in consiglio comunale per scoprire le cause della morte della fedeltà.

Un giorno comparve, sui muri delle case, una dichiarazione firmata dal sindaco: si era scoperto il colpevole della morte della fedeltà. il sindaco diceva di averne un idenkit preciso. Se la gente voleva vederlo venisse pure nella sala del consiglio. I cittadini accorsero in massa, per curiosità. Furono fatti sfilare ad uno ad uno davanti a una piccola edicola coperta da un drappo. Man mano passavano, il drappo veniva alzato. dietro il drappo c’era un semplice specchio dove ciascuno poteva vedere il proprio volto. Era il volto del colpevole. La cosa ebbe un impatto fortissimo.  

Fedeltà non staticità

La fedeltà è parte integrante di una vita che è continuamente in evoluzione. Non è possibile che la vita si evolva e la fedeltà rimanga ai blocchi di partenza. È ingenuo pensare di riesumare e mantenere in vita forme superate di fedeltà.

La fedeltà è a servizio della crescita della persona e non viceversa. Il seme è fedele a se stesso diventando una pianta (apparentemente cambiando in modo profondo); l’uomo è lo stesso bambino cambiato profondamente. “Fedeltà dinamica” è definita dagli esperti quella che ci è richiesta particolarmente oggi. Questa fedeltà è più impegnativa, esige intelligenza e coraggio. L’obbedienza intelligente è molto più impegnativa dell’obbedienza semplicemente esecutiva; un conto è la fedeltà coniugale che evita l’adulterio e un conto è quella che cerca di accompagnare il cammino interiore del coniuge.

Il garante della fedeltà di Dio

Nel libro dell’Apocalisse dopo la successione dei “Sette sigilli” e l’irruzione dei “Quattro cavalli”, gli squilli delle “Sette trombe”, i “Sette flagelli delle sette coppe” e la caduta della “grande prostituta” la turbolenza della storia umana si placa in una visione. Viene presentato un personaggio misterioso che ha un nome emblematico: «Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava “Fedele” e “Verace”: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui. E’ avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio» (19,11-13).

Credo che il personaggio non abbia bisogno di presentazione: è il Cristo crocifisso e risorto (il suo nome è “Verbo di Dio”). Il “cielo aperto” indica una situazione di dialogo riaperto, e per sempre, tra cielo e terra. Il “cavallo bianco” è sempre quello del vincitore. Il nome del cavaliere (anzi i due nomi: Fedele e Verace) sono come le due facce della moneta: la moneta della fedeltà. E poi c’è anche un nome misterioso che nessuno conosce. Il sangue di cui è intriso il mantello è il suo, quello che ha versato per vincere la sua battaglia.

Questo è l’Angelo che si è fatto carico dell’infedeltà di ciascuno di noi e ha pagato con la propria fedeltà perché ci sia ancora speranza per tutti: Cristo.