Premessa. Noi tutti abbiamo esperienza di un’umanità divisa, litigiosa, guerrafondaia, arroccata sui propri vantaggi, distratta e impietosa nei confronti dei poveri … Cosa penseremmo se un giorno svegliandoci la trovassimo pacificata, serena solidale … Penseremmo un sogno. Anche Dio ha questo sogno sull’umanità e un giorno lo realizzerà. Come? Vediamo. 

La premura del Creatore

Nel racconto della creazione (Gen 1 e 2) Dio crea, senza preoccuparsi, miliardi di stelle di misure e di forme diverse; crea miliardi di fiori di specie e colori diversi; crea miliardi di specie di animali di dimensioni e di forme diverse … Quando arriva all’uomo decide di fare un consulto: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gen 1,26-28). E dopo averlo fatto pensa il posto ideale in cui collocarlo: «Poi il Signore Iddio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino, e l’albero della conoscenza del bene e del male» (Gen 2,8-10).

Non si tratta ovviamente di un luogo fisico, ma di una condizione spirituale, di un’armonia e di pace. È l’uomo stesso che diventa giardino di Dio quando è in armonia con se stesso, con gli altri, con il creato, con Dio. Risulta subito evidente che Dio non ha avuto la stessa attenzione per il creato: per le stelle, per gli animali e i vegetali, perché è l’uomo la creatura a con cui Dio gioca la carta più alta. È la creatura che più gli assomiglia, che ha qualcosa di suo: la libertà di decidere, la capacità di amare.

Dio alla ricerca dell’uomo

Quando i progenitori uscirono dal giardino (dallo stato di beatitudine e di grandezza) in cui erano stati posti, Dio ebbe un momento di commozione e fece per loro un gesto delicatissimo: «Jahvè Dio fece ad Adamo e alla sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì» (Gen 3,21). La tunica è un abito liturgico; era per loro un segno di dignità.

Da quel momento Dio e l’uomo cominciarono a cercarsi. Abraham Heschel, filosofo e teologo ebreo, ha scritto due libri su questa duplice ricerca ancora in atto: L’uomo alla ricerca di Dio e Dio alla ricerca dell’uomo. Dio ama l’uomo; non intende rinunciare a nessuno dei suoi figli e continuerà a cercarli; ma anche l’uomo non avrà pace  finché non ritroverà l’armonia con Dio. La ricerca dell’uomo è stata più caotica e incerta (filosofie, teosofie, religioni, spiritismo, magia…); quella di Dio, invece, è stata più lineare e giocata su iniziative straordinarie messe in atto da lui.

Dio ha ripreso a parlare all’uomo

Ha mandato persone da lui scelte perché parlassero a nome suo. Patriarchi, profeti e saggi parlarono a nome suo. Noi ricordiamo Abramo, un pagano della città di Ur dei Caldei, che ha intessuto con Dio dei dialoghi bellissimi ed è diventato per moltitudini “padre nella fede”, ma ci sono anche altri che hanno segnato il cammino degli uomini verso Dio: Zarathustra, Mosè, Mani, Maometto, Nanak, Buddha, Confucio, Lao-Tzu …per citarne alcuni. Attraverso loro ha raggiunto i popoli più diversi perché anch’essi potessero avere il piacere di sentire Dio vicino a loro. Ma è soprattutto con un piccolo popolo del Medio Oriente che Dio si è manifestato e si è aperto un varco anche con tutti gli altri. Allora Israele non era nemmeno un popolo, ma solo un gruppo di clan senza alcuna struttura di popolo e non aveva nemmeno il nome. Non si accorge di essere oggetto di attenzione di un misterioso Dio. Più tardi, meditando sugli eventi, scoprirà di essere stato scelto e di avere una missione universale.

Nell’episodio del roveto ardente, quando Mosè chiede a Dio il suo nome, Dio gli risponde: «Io sono colui che sarò» (Es 3,14) un’espressione che, sciolta, potrebbe significare: “Da quello che vedrai che farò, saprai chi sono”. Israele prima vivrà le sue vicende, solo in seguito, gradualmente, si renderà conto della presenza di Jhwh nella sua storia. Dio non ha fretta di scoprire le sue carte; si muoverà secondo il suo progetto. Affiderà ai suoi inviati (i profeti) il compito di porre dei gesti e di lasciare dei messaggi perché la gente ne segua le tracce.

Il racconto del Primo Testamento fa pensare a un Dio iroso e suscettibile, pronto a intervenire con castighi per riportare quel popolo riottoso sulla retta via. Questo era il loro modo di pensare Dio, proiettando su di lui i propri umori e le proprie suscettibilità. Dio invece era un regista straordinariamente saggio e prudente, aveva piena coscienza di poter guidare questo popolo riottoso a esprimere, nella sua storia, quello che egli aveva in mente. E avvenne. Non la tracotanza dei Babilonesi, dei Persiani, dei Greci, dei Romani lo mise in difficoltà. Arrivò a chiamare “mio amico Ciro” uno che nulla sapeva di lui, ma che stava facendo il suo gioco, concedendo ai figli dei deportati di poter tornare nelle terre dei Padri, ricostruire il tempio e le mura della città e riprendere il culto interrotto cinquant’anni prima. Aveva un disegno in mente, che nemmeno i giochi politici erano in grado di impedire. E avvenne quando nemmeno i più esperti lettori e indagatori delle Scritture se lo aspettavano.

Dio scopre le sue carte

Nazareth 6 a. C. Un villaggio pressoché sconosciuto nella Bibbia e una ragazza giovanissima, Myriam, della quale pochi del villaggio si erano accorti. Fu lei l’inattesa partner di Dio nella realizzazione del progetto di lui. «Rallegrati Maria, ricolmata della benevola gratuità di Dio, Signore è con te». È sorpresa lei, ma siamo entusiasti noi, per lo stile che Dio sembra aver scelto: gli ultimi messi in cattedra. Sarà lo stile che Dio utilizzerà per tutto il percorso. Erano le prime luci dell’alba del mondo nuovo, quello che il Creatore stava iniziando.

Iniziano così le sorprese di Dio. Le religioni antiche ci avevano abituati a dèi che si camuffano da uomini. Niente di tutto questo: Dio si fa uomo, azzerando l’abisso che separava l’uomo da lui. Non deve più chiedere «Adamo dove sei?» perché è lui Adamo, il nuovo, il vero Adamo. Impossibile capire quanto era avvenuto. Maria stessa si arrende: «Avvenga in me secondo la tua parola».

Ora Dio non più solamente Dio, ma anche uomo. Il distacco iniziale tra l’uomo e Dio è colmato: in Gesù di Nazareth Dio e l’uomo sono uniti in un abbraccio che non si scioglierà più. L’uomo è entrato nella famiglia di Dio a tutti gli effetti. Un giorno Gesù arriverà a dire, citando il Salmo 82, 6: «Voi siete dèi, figli dell’altissimo». Già nel Salmo 8 il salmista si chiedeva: «Che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, e il figlio dell’uomo perché ti prenda cura di lui? Davvero l’hai fatto poco meno di un Dio …». Con l’incarnazione del Figlio Dio è andato oltre le più rosee attese. Adesso uno di noi è Dio. Non riusciamo a capire questo investimento straordinario e ancor più ci colpisce il modo con cui questo avviene.

Come madre non ha scelto una regina e nemmeno una donna come quelle di cui parlano le Scritture (Debora, Ruth, Anna, Giuditta, Ester…); Maria è poco più di una bambina (13/14 anni), di origini umili. Il Dio che si fa uomo non nasce in una reggia, ma in una casa di poveri e lavora per oltre vent’anni come técton nell’edilizia, squadrando le pietre per le costruzioni. Nessuno si accorge di lui. Vive i rapporti sociali, la fatica del lavoro, la vita di famiglia … Venticinque anni di una vita normalissima di un povero di allora. Ci viene da chiederci: Perché? Non poteva Dio mettere meglio in luce un uomo di questo valore? Forse Dio voleva darci un modello di uomo secondo il suo progetto

A trent’anni comincia la sua attività di Maestro (Rabbi). Impossibile riassumere le cose straordinarie che ha detto e ha fatto; le riassumo con una antica splendida leggenda:

Un giorno si presentò al Maestro un padre. Aveva in braccio la sua figlioletta morente. Si avvicinò a Gesù e gli disse: “Maestro non ti chiedo di guarirla: amala!” Gesù lo fissò a lungo negli occhi e gli rispose: “Sono venuto per questo”.

Il senso dell’Incarnazione e del suo inserimento nella famiglia umana era quello di rappresentare l’inizio di una umanità nuova, secondo il cuore di Dio. Il primo della nuova umanità. È importante, a questo punto, vedere il finale di questa sua vicenda. A dodici anni nel portico di Salomone gli esperti delle scritture gli avevano detto quale sarebbe stato l’esito della vita del Messia. Sapeva che cosa lo stava aspettando. Il Vangelo secondo Luca scrive: «Mentre stavano per compiersi i giorni in cui sarebbe stato elevato, prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme …» (9,51). A Pietro che gli consigliava di non andarci, Gesù aveva risposto senza preamboli: «Mettiti dietro di me, satana! Tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini» dove il termine “satana” indica semplicemente uno che vuol farti sbagliare strada.

Il Vangelo di Luca chiama la passione di Cristo “theorema”, cioè spettacolo a cui Di invita tutti i suoi figli. Dice infatti: «Il popolo stava a vedere …»; non la gente ma il popolo che Dio ha radunato. Il Vangelo secondo Giovanni chiude il racconto della passione con una profezia di Zaccaria: «Fisseranno intensamente colui che è stato trafitto». È il libro che siamo invitati a leggere; nella passione di Cristo si rivela chi è veramente Dio e come Dio ci salva: ci salva perdendo se stesso. Non è quello che ci hanno presentato seduto in trono con i segni del potere, no: egli è quello appeso al patibolo, coperto di sputi, di insulti, di sangue … Non è lì per sbaglio, ma per una precisa scelta: salvare tutti, anche quelli che lo hanno condannato: «Padre perdonali, non sanno quello che fanno». È da questo spettacolo che possiamo essere introdotti nel sogno di Dio.

I cittadini del mondo nuovo

Chi sono quelli che sono entrati nell’umanità nuova? Giro la domanda ad uno degli anziani dell’Apocalisse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». La risposta non lascia dubbi: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello» (Ap 7,13-14). L’appartenenza al popolo nuovo non dipende da un fatto anagrafico (iscrizione al registro dei Battesimi), ma dalla forte attrazione che può esercitare la passione dell’amore per l’uomo che il Figlio ci ha manifestato. Sedotti da Dio come diceva il profeta Geremia: «Mi hai sedotto e io mi sono lasciato sedurre» (Ger 20). L’iniziativa è di Dio, la risposta da noi. È lui che ci prende per mano e ci introduce nell’umanità nuova, che è il suo Regno.

Parlando con un membro del Sinedrio, Nicodemo, che era venuto di notte a consultarlo, gli aveva detto: devi rinascere da capo. Costui aveva ribattuto: «Come può nascere di nuovo un uomo quando è già vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Gesù parlava di una nascita dall’acqua e dallo Spirito. Un’autentica nascita … interiore. Un cambiamento radicale nella mente, che non sostituisce la vita quotidiana, ma le dà un orientamento nuovo non facile, ma possibile, perché è opera di Dio e non nostra. Milioni di persone lo hanno fatto e lo stanno facendo. Nel libro dell’Apocalisse (c. 7,9) il veggente di Patmos parla di «una folla immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua …» fa festa davanti all’Agnello sgozzato e risorto. È il popolo nuovo di Dio.

Questa umanità è possibile ed è già presente nella storia; è l’umanità nuova su cui Dio ha posto il sigillo delle “Beatitudini”. Il Padre si china su di loro e li riconosce sua famiglia. Non ci sono preclusioni per alcuno, basta riconosce la sua musica “Beati … Beati …Beati …”  e crederci per entrare nella sua danza.